Marco Boato - attività politica e istituzionale | ||||||||||||||||
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Fu via Verdi il cuore del ’68 trentino: la via dove nel 1962 nacque la facoltà di Sociologia — fucina delle iniziative studentesche — la via delle manifestazioni e dei cortei di protesta, la via che conduce al Duomo, teatro dei «controquaresimali». Naturale, ovvio, giusto che in via Verdi, a poche centinaia di metri di distanza, ci siano due targhe dedicate alla memoria di Mauro Rostagno, leader del ’68 trentino, ucciso dalla mafia trapanese il 26 settembre 1988. Una si trova al terzo piano del dipartimento di Sociologia, l’altra all’interno del bar Duomo, in quegli anni ritrovo del movimento studentesco. E il prossimo anno, nel trentennale della morte di Rostagno e nel cinquantenario del ’68, a metà fra i due luoghi, nella piazzetta di via Rizzi, verrà inaugurata un’opera per Rostagno realizzata dall’artista Jannis Kounellis (deceduto il 16 febbraio di quest’anno). Nell’attesa via Verdi martedì sera, per l’anniversario del 26 settembre, ha ricordato Rostagno in modo gioioso e allegro con un concerto dei musicisti di Claudio Lolli (Paolo Capodacqua, Roberto Soldati, Danilo Tomasetta) vicino al bar Duomo, organizzato da Antonio Marchi e Alberto Fracchetti con la collaborazione di Fondazione museo storico, Comitato per il ricordo di Mauro Rostagno a Trento, Arci e Libera del Trentino. Due chitarre, voce e sassofono per classici come «Aspettando Godot» e «Ho visto anche degli zingari felici», la gigantografia di un Rostagno sorridente negli anni delle inchieste di Rtc. Un pubblico di venti, trenta persone che vanno e vengono: nostalgici e protagonisti di quel ’68 così cruciale, curiosi, studenti universitari – pochi, è giorno di lauree, la festa è altrove. Il sindaco Andreatta passa di fretta a piedi, il rettore Collini cena proprio al bar Duomo: la città e l’università simbolicamente sono presenti al ricordo di Rostagno, seppur inconsciamente. Presente fino alla fine è invece Marco Boato, ex parlamentare, cofondatore di Lotta continua, anch’egli leader studentesco del ’68 trentino. Plaude all’iniziativa del concerto («un ricordo gioioso, non una celebrazione nostalgica») e forse proprio vedendo i giovani che si fermano – ma soprattutto quelli che non si fermano – ci anticipa qualcosa sul suo prossimo libro, che uscirà a gennaio 2018, «Il lungo ’68» (La Scuola, Brescia): circa trecento pagine di ricostruzione storico-politica e testimonianze personali, a quasi quarant’anni di distanza da un altro suo volume analogo, «Il ’68 è morto: viva il ’68!» (1979). «In “Il lungo ’68” — spiega Boato — analizzerò quella stagione più che decennale del nostro Paese, mettendone in evidenza luci e ombre, ricostruendone l’importanza ma anche i limiti, le ingenuità e le criticità che da una prima fase aurorale portarono a un eccesso di estremizzazione e ideologizzazione». Nella Trento in cui negli stessi anni oltre a Rostagno studiarono anche Renato Curcio e Margherita Cagol, fondatori delle Brigate rosse, è inevitabile parlare del terrorismo di sinistra: «Vi ho dedicato un capitolo a parte, per spiegare che esso non è frutto del ’68 bensì il suo opposto: ne ha offuscato l’esperienza, lo ha affossato. È tragicamente simbolico – continua Boato – che il primo decennale del ’68 abbia coinciso con il delitto Moro». Un libro pensato appositamente per i giovani quello di Boato, per coloro che, come recita la targa per Rostagno all’interno del bar Duomo, «vogliono viaggiare, capire, sapere e conoscere». |
MARCO BOATO |
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